Tutti ne abbiamo almeno un paio nell’armadio. Perché come lo definì Yves Saint Laurent il jeans è un indumento dal carattere forte che unisce modestia ed esuberanza, perché è considerato universalmente un capo giovane e pratico da indossare nel week end e nei momenti di libertà. E’ trascorso un secolo dalla sua nascita, da quando nel 1853 Levi Strauss iniziò a produrre e a vendere il blue jeans nel suo negozio di San Francisco per lavoratori e cercatori d’oro, eppure questo tessuto robusto e versatile è oggi più che mai attuale.

C’è chi lo ama a tal punto da introdurlo nei tessuti da sartoria accanto ai più tradizionali filati per il su misura, ma poi c’è anche chi lo denuncia. Se il denim è tanto diffuso è infatti altrettanto inquinante: basti pensare che per produrre un paio di jeans occorrono 9500 litri di acqua, additivi chimici e procedimenti di lavorazione in alcuni casi dannosi per la manodopera, oltre che molta energia.
Una condizione evidenziata in più occasione dagli ambientalisti a cui ha cercato di dare una risposta un imprenditore olandese proponendo l’idea dell’eco jeans in affitto. L’idea di Bert Van Son, proprietario del già noto marchio di eco-denim “Mud Jeans” è quella di ritirare dopo 12 mesi dalla vendita i pantaloni usati per riciclarli e fornirne al cliente un paio di nuovi. L’obiettivo? Evitare che il jeans, per natura molto resistente, finisca in discarica dopo anni e anni, nel momento in cui si è rovinato troppo per essere riutilizzato.
In questo modo tutta l’acqua necessaria per la filatura del cotone organico utilizzato nel jeans non viene vanificata con un solo jeans ma rappresenterà solo l’inizio di una serie di riciclo.  Un bel modo per celebrare i 100 anni del jeans, Levi Strauss ne sarebbe fiero!

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